Stalking Condominiale

L’art. 612 bis del codice penale “Atti persecutori. Stalking”,  rappresenta una delle novità più importanti introdotte dal D.L. 23.2.2009, n. 11, in materia di sicurezza pubblica, contrasto alla violenza sessuale ed atti persecutori.

Il reato è commesso in presenza ripetuta di comportamenti invadenti, di intromissione, controllo e minaccia attuati con appostamenti, pedinamenti o a mezzo telefono o altro che arrechi alla vittima timore per la propria salute e per quella di un soggetto a lei vicino, tanto da farle alterare lo stile di vita. Importante nella fattispecie è la reiterazione dell’atto, ragion per cui,  l’attività dell’investigatore privato dovrà essere continuata e prolungata fino all’ottenimento di un numero consistente di prove, da utilizzare, poi, in tribunale.

La portata della norma è stata sostanzialmente ampliata dalla sentenza numero 20895/11 della Corte di Cassazione, la quale ha introdotto il concetto di “stalking condominiale”. Difatti, l’elemento obbligatorio della fattispecie  è il turbamento della tranquillità della vittima, sino a porla in una situazione di stress e timore per la propria sicurezza, ma ciò non toglie che le vittime possano essere contemporaneamente più d’una. Ecco appunto configurarsi l’ipotesi dello stalker condominiale, il quale perseguita/disturba/minaccia/intimorisce più soggetti appartenenti allo stesso condominio.

Partendo da questa sentenza, la norma potrebbe comprendere, quindi, anche atteggiamenti reiterati da parte di uno stesso soggetto a danno di altri in altri contesti ben definiti, come ad esempio un supermercato o un giardino pubblico. Da non confondere, però, lo stalking con la violenza privata: lo stalking incide sull’emotività della vittima, mentre la violenza privata si estrinseca in condotte violente.

Assegno di mantenimento e sequestro

Una delle attività proprie dell’investigatore privato concerne la raccolta delle prove inerenti ad una infedeltà coniugale o prove atte a modificare le cifre del cosiddetto “assegno di mantenimento”, addebitato ad un coniuge a beneficio dell’altro.

L’assegno di mantenimento è addebitato al coniuge che in un certo qual modo “subisce” la separazione: quindi, spetta a chi non è stato causa principale della rottura ed, inoltre, nel caso in cui il soggetto non abbia adeguati introiti propri per mantenere se stesso o la prole dopo la separazione.

In caso di inadempienza del coniuge al versamento dell’assegno, sussistono diversi rimedi offerti dalla legge; tra questi, vi è il poco citato sequestro. Difatti,  l’ art. 156, comma 6, del codice civile stabilisce che il coniuge a cui spetta l’assegno può rivolgersi al giudice in caso di mancato versamento, ottenendo il sequestro di parte dei beni dell’obbligato, nonché ordinare ad eventuali terzi, che sborsano periodicamente somme all’obbligato, di destinare una parte delle suddette o la totalità al coniuge avente diritto.

Il sequestro non è relazionato alla gravità dell’inadempimento: quindi, anche sporadiche mancanze possono essere punite, utilizzando il sequestro proprio come garanzia del creditore.

Inoltre, il giudice può disporre, proprio in caso di pericolo di inadempienza, che il coniuge obbligato presti ulteriore garanzia, reale o personale.